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Piracy Shield

L’introduzione di piracy shield è l’ennesimo fallimento nel rigettare lobbying di leggi riguardanti i diritti d’autore e correlati, in questo caso da parte della lega calcio.

Si tratta di una serie di leggi che impongono agli ISP di implementare un sistema per bloccare risoluzione DNS di domini ed il routing di indirizzi IP usati per diffondere contenuto pirata in tempi brevi (30 minuti) attraverso una piattaforma chiamata piracy shield che fornisce un elenco di domino ed indirizzi da bloccare.

La piattaforma di fatto presenta molti problemi tecnici, ma anche concettualmente fa acqua da tutte le parti: gli ISP sono obbligati a bloccare tutto ciò che appare nella piattaforma nel quale i detentori dei diritti possono aggiungere entry, ma se un indirizzo legittimo dovesse finire nella piattaforma l’ISP sarà responsabile dei danni causati.

Non è possibile contestare un blocco prima di averlo applicato, ciò mette anche un potenziale potere di censura nelle mani dei detentori di diritti. Anche fornitori di VPN e DNS sono soggetti all’obbligo.

Tali blocchi possono essere aggirati tramite VPN e non possono essere applicati a siti dietro CDN come cloudflare. L’effetto a lungo termine sulla pirateria è dubbio ma sono certi la spesa ed i problemi che verranno causati dal sistema, un onere che alcuni servizi potrebbero non permettersi portando quindi ad escludere clienti italiani come è successo per AirVPN.

La maggior parte dei costi, inclusi quelli per la campagna pubblicataria, sono stati assorbiti dall’AGCOM. Insomma si tratta di una spinta da parte di un associazione troppo potente che pensa di non essere soggetta alle leggi della fisica e che possa quindi fermare la diffusione di informazioni, facendo ogni genere di danno collaterale.